C’è qualcosa che ci sfugge, come un sussurro nel buio. Qualcosa che non vediamo, ma che ci osserva. Oggi parliamo di Spiritismo, e no, non nel modo in cui ne parlano i programmi televisivi del sabato sera. Parliamo di ciò che si cela davvero dietro quella parola, che vibra tra filosofia, scienza e parapsicologia. Parliamo di ciò che gli scettici ridicolizzano e che le istituzioni temono. Perché il timore del sacro e dell’invisibile non è morto con l’Illuminismo: si è solo nascosto meglio.
Lo spiritismo viene spesso gettato nello stesso calderone di occultismo e paranormale, ma le parole ingannano. “Occultare” significa nascondere: un cadavere, un oggetto, un significato. L’occulto non è necessariamente demoniaco: è solo ciò che sfugge alla vista. Il paranormale, invece, si manifesta nel quotidiano con una dissonanza inquietante: un libro che cade senza causa apparente, una voce che si insinua nel silenzio, un orologio che si ferma sempre alla stessa ora. Eventi inspiegabili, ma non per questo irreali.
La Chiesa — oggi come un tempo — diffida di chi si avvicina allo spiritismo. Non per puro zelo spirituale, ma per timore del pensiero libero. Ricordate: un tempo la Chiesa era potere assoluto. Bruciava streghe, impiccava filosofi, condannava scienziati. La paura era lo strumento per soggiogare il pensiero. Oggi si ride dei complottisti, ieri si arrostivano gli eretici. Cambia il lessico, non la dinamica.
Studiare lo spiritismo significa reclamare ciò che è nostro di diritto: la conoscenza. E nessuno può vietarvi di cercare la verità — anche se questa dovesse trovarsi dietro un velo sottile tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Cosa si intende per Spiritismo?
Il termine fu coniato nella Francia del XIX secolo da Allan Kardec, pseudonimo del pedagogista Hippolyte Léon Denizard Rivail. Non si trattava di un mago o di un santone, ma di un uomo di scienza, educato e razionale. Egli non parlava di streghe né di demoni, ma di “intelligenze disincarnate” — entità con una propria coscienza, separate dal corpo. Nei suoi testi fondamentali, come Il Libro degli Spiriti o Il Libro dei Medium, descrisse un universo dove la materia non è tutto e lo spirito è legge. Le sedute spiritiche non erano giochetti da salotto, ma esperimenti. Il medium era lo strumento, il ponte tra le dimensioni.
Prepararsi al contatto
Chi si accosta allo spiritismo dev’essere pronto. Non psicologicamente fragile, non superstizioso. Chi ha paura dei gatti neri o si copre gli specchi durante i temporali farebbe bene a restare lontano. Perché ciò che si può aprire non sempre si può richiudere. Il primo passo è la disciplina mentale. Yoga, ipnosi, meditazione, autoipnosi: non per diventare maghi, ma per allenare la coscienza a stare in ascolto. La mente è l’antenna, il corpo il trasmettitore.
Scartate le dicerie. Non servono gessetti, non servono rami di ciliegio. Il tavolino può essere qualsiasi superficie. La celebre tavoletta Ouija? Comoda, certo, ma anche un semplice foglio con lettere e numeri può bastare. Il puntatore può essere un plettro, una tazzina, una moneta. Lo strumento non è sacro: è funzionale. La connessione, invece, è reale. Non si crea con le candele, ma con l’intenzione, l’energia e la concentrazione.
L’invisibile e la materia: scienza o suggestione?
Tutto è atomo. Tutto è energia. La fisica quantistica, che pure tanto si vanta d’essere razionale, ci insegna che la materia non è fissa, ma probabilistica. Esistono particelle che cambiano comportamento se osservate. Esistono fenomeni che si piegano alla coscienza. Perché, allora, escludere a priori la possibilità che un pensiero possa generare vibrazione, che una mente possa captare segnali, anche da un’altra dimensione?
Non tutto ciò che risponde a una chiamata è uno spirito. Potrebbe essere un’eco mentale. Una coscienza distante. Un fenomeno di telepatia. O qualcosa che ancora non sappiamo nominare. Quando la vostra seduta inizia a produrre lettere e numeri sconnessi, come interferenze radio, non abbandonate. È solo l’inizio. Il contatto, se avverrà, sarà progressivo. Diffidate dai nomi altisonanti. Non evocate faraoni, idoli adorati da milioni. Il peso psichico potrebbe essere ingestibile. Iniziate dal vostro spirito guida — e poi chiedete che vi presenti altri, come in una catena energetica condivisa.
Seduta spiritica: la pratica e le precauzioni
Una seduta non è un rituale. È un’operazione di sintonia. Può bastare una sola persona, ma in tre o sei il campo mentale è più stabile. Annotate tutto in un quaderno: date, nomi, risposte, silenzi. La memoria è fragile, ma la carta no. Preparate il foglio: lettere, numeri, SÌ, NO, e una formula di saluto. Mantenete una sola fonte di luce: una candela. Non tanto per scaramanzia, ma per il simbolo che rappresenta: la fiamma dell’intenzione.
Durante la seduta, può accadere che si inseriscano entità indesiderate. Nella tradizione esoterica si chiamano larve: coscienze vaganti, senza identità. Se sentite un’interferenza, richiamate lo spirito con cui stavate comunicando e chiedetegli di proteggervi. La chiusura va fatta con rispetto. Non interrompete mai bruscamente. Chiedete il permesso di terminare. Se la risposta è negativa, aspettate. Un contatto interrotto bruscamente può lasciare strascichi. Pensate a un circuito che si spegne senza disconnessione: il rischio di cortocircuito energetico non è solo una metafora.
In conclusione
Lo spiritismo non è gioco. È apertura. È esplorazione. È un viaggio nei recessi dell’invisibile che ci circonda e ci attraversa. Vi diranno che è una sciocchezza. Che è pericoloso. Forse lo è. Ma lo è anche ogni ricerca di verità.
La pace è preziosa, sì. Ma anche la verità lo è. Se decidete di cercare, fatelo con rispetto, con intelligenza, con metodo. Non siate mai vittime della paura né schiavi della fede cieca.
La realtà è più grande di ciò che vediamo. E non serve credere per sentirla. Serve solo ascoltare.
Antonio Cesario



